Extraordinary Beauty

 

Weston_excusado

Edward Weston, Excusado, 1925

 

I Daybooks di Edward Weston sono una lettura che ogni persona seriamente interessata alla fotografia dovrebbe affrontare e sono, a mio parere, uno dei capolavori assoluti della letteratura diaristica. Non sono mai stati tradotti in italiano, fatta eccezione per alcune parti che riguardano soprattutto la vicenda messicana della sua relazione con Tina Modotti – non esenti, dunque, da attenzioni morbosette.

Purtroppo da lungo tempo non sono stati ristampati nemmeno in inglese, rendendo così rintracciabile solo sul mercato del libro usato la pubblicazione che ne fece Aperture in varie edizioni. Molti sperano che riappaiano, magari in una nuova edizione riveduta, dopo quella storica dei mitici Nancy e Beaumont Newhall che la curarono con la supervisione iniziale dello stesso Weston.

Weston_03

Le fittissime cinquecento pagine dei Diari coprono alcune delle più importanti stagioni della vita di Edward Weston, in particolare gli anni messicani, dal 1923 al 1927, e il successivo periodo californiano fino alla metà degli anni Trenta. È impossibile descrivere in poche righe la ricchezza di queste pagine, la vita che vi scorre con le sue ansie e le sue esaltazioni, le privazioni e i successi, gli amori e le tragedie – la vita di un vero artista.

Il 21 ottobre 1925 Weston traccia sul suo diario la testimonianza di una grande giornata, con l’entusiasmo del cercatore d’oro che ha appena scoperto un nuovo filone.

Weston_10

Pochi giorni più tardi ritornerà sullo stesso argomento:

Weston_11

Weston è da tempo affascinato da un oggetto comune e non ha qui dubbi nel dichiararne la “straordinaria bellezza”. Ecco altre due varianti dell’immagine forse più famosa, che testimoniano le modalità esplorative che ogni fotografo ben conosce:

Weston_excusado

Edward Weston, Excusado, 1925

Weston_excusado

Edward Weston, Excusado, 1925

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Solo pochi anni prima, nel 1917, era apparsa un’altra immagine che ritraeva un “excusado”, stavolta americano, per l’occasione rinominato Fountain. L’immagine, famosissima, non ha bisogno di presentazioni e forse per le caratteristiche stesse dell’opera che rappresenta non è importante sapere che sia stata realizzata da un altro gigante della fotografia, Alfred Stieglitz – che tra l’altro una leggenda indica come il responsabile dell’aver gettato nella spazzatura il mitico “originale” dell’opera di Marcel Duchamp, dopo averla fotografata per le pagine di una rivista, The Blind Man, in quella che potrebbe essere la sua galleria, la 291.

Stieglitz Fountain

Marcel Duchamp, Fountain, fotografia di Alfred Stieglitz

 

La mia sensazione è che l’apparire di queste due immagini tracci un solco profondo tra la fotografia e quelle che saranno le vicende dell’arte. Un solco che solo in tempi recenti forse sta iniziando a ricomporsi.

Per gran parte del Novecento la fotografia si è immersa – vien da dire: come un fiume carsico – perseguendo in modo quasi autarchico la sua ricerca e la sua evoluzione, con una autonomia in molti casi orgogliosa, assediata dalle sue stesse fragilità date dall’essere un mezzo democratico e onnipresente in tutti i settori e in tutti i livelli della società.

Basta guardare affiancate le due immagini (uso qui un’altra versione, più anonima, della riproduzione della Fountain) per vederlo chiaramente: pur nel tratto comune dell’innalzamento di valore di un oggetto quotidiano, da un lato c’è l’opera di un artista affascinato dalle sue scoperte, che dichiara con entusiasmo quasi ingenuo la sua sorpresa; un artista che si carica sulle spalle le migliaia di anni precedenti di storia delle arti provando a far fare a questa storia un passettino più in là – dall’altra c’è l’intelligenza pura, lucida e beffarda dell’iniziatore di una selva di provocazioni che farà pensare a molti che l’arte sia finita, disegnando una figura di artista tessitore di ragionamenti ormai liberi da necessità formali e tantomeno estetiche. Le stesse parole che usa Weston, “extraordinary beauty” diventeranno rapidamente una specie di tabù impronunciabile per tutta l’arte ufficiale e oggi ormai accademica: il problema della bellezza dovrà immergersi anch’esso.

Weston_01Ecco, io credo che la fotografia si sia fatta carico, come poche altre espressioni della ricerca artistica, di questo problema e credo che una delle ragioni del suo successo attuale stia anche in questa caratteristica – forse non si possono cancellare le istanze di migliaia di anni di storia con una firma su un pisciatoio.

Mi diverto a immaginare Alfred Stieglitz che scende le scale dal quinto piano al 291 della Fifth Avenue a New York, carico, come un idraulico qualunque, di un sanitario da buttare e vedo che lo fa rotolare in un cassonetto. Sarebbe stata una bella vendetta anticipata.

Nota: a confermare ancor più il ruolo di Duchamp nella definizione degli schemi operativi di molti artisti contemporanei è arrivato nei mesi scorsi un articolo su The Art Newspaper che fa emergere la possibilità che l’operazione di Duchamp sia stata il prodotto di una sorta di furto di idee. Non capisco le ragioni delle polemiche e discussioni che ne sono seguite, visto che oggi questa è una pratica condivisa e addirittura dichiarata – con l’utile workaround della parola “appropriazione” – da molti dei figli e figliocci di un genio. Il vero artista oggi deve essere svelto, furbo, molto intelligente, abile nel muoversi nell’ambiente – magari anche un po’ ladro: non ci sono problemi.

Share

Il sito utilizza cookie proprietari tecnici e consente l'installazione di cookie di terze parti. I cookie non sono utilizzati dal sito per fini di profilazione. Cliccando su OK o continuando la navigazione, l'utente accetta l'utilizzo dei cookie di terze parti. Per maggiori informazioni, è possibile consultare l'informativa completa

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi