Francesco Zanot – Magma-Fotografia

Trovate qui di seguito un testo che ho ricevuto da Francesco Zanot, che all’interno del ciclo di incontri che ho organizzato in collaborazione con la GAMeC di Bergamo ha presentato le numerose questioni che la fotografia si trova oggi ad affrontare, sia per il vivacissimo dilagare del riutilizzo di immagini “trovate” sia per la rapida ridefinizione che questo sta producendo nei rapporti con il cosiddetto mondo dell’arte. Francesco ha qui scelto, più che di riassumere i contenuti della sua presentazione, di precisare meglio alcune delle risposte alle domande che gli sono state poste dal pubblico alla fine della serata. Sono certo che le troverete molto interessanti.

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MAGMA-FOTOGRAFIA

L’intenzionalità resta un criterio fondamentale per definire un’opera d’arte. Anche se ormai in fotografia non si può più parlare soltanto di intenzione dell’autore, ma anche di intenzione degli autori. Penso ad operazioni come quelle di Feldmann, Raad, Mikhailov, Linda Fregni Nagler, che si basano sulla logica del prelievo e della ricontestualizzazione di immagini nate per scopi diversi. Anche alla fotografia non si può evitare di concedere una seconda chance. E una terza… La fotografia non si fa più al momento dello scatto (non soltanto), ma della sua scelta.
E questa logica di valorizzazione di una fotografia che non è più frutto dell’istante, credo possa essere utile per tenere insieme queste ultime opere con quelle a cui Michael Fried si riferisce maggiormente nel suo saggio sulla fotografia (Why Photography Matters As Art As Never Before): Wall, Gursky, Demand, Sugimoto… Anche Ghirri si contrapponeva alla logica del momento decisivo, sostenendo che la fotografia non gli interessasse per la sua capacità di catturare la devianza, le invisibili combinazioni che accadono in un istante, ma tutto ciò che permane e che poi si può andare a riscoprire dal vero, attraverso l’esperienza diretta. Probabilmente una delle ragioni che concede alla fotografia contemporanea di riscontrare tanto interesse nel mondo dell’arte è proprio questa: non si limita alla celebrazione dell’istante, ma approfondisce tempi diversi.

Jeff Wall, The Destryed Room, 1978

Jeff Wall, The Destryed Room, 1978

Perché la fotografia assume sempre più importanza all’interno della produzione e del dibattito dell’arte contemporanea?

Innanzitutto la fotografia si adatta perfettamente alla situazione attuale della realtà che mescola sempre più elementi naturali e costruiti, di finzione, rendendoli indistinguibili l’uno dal’altro. In questo senso credo che svolga un ruolo fondamentale l’accelerazione allo sviluppo tecnologico seguita all’avvento del digitale, che qui è importante prendere in considerazione non tanto per ciò che riguarda lo specifico della fotografia, ma più in generale per gli effetti che ha avuto sull’ambiente, la città, il nostro corpo, eccetera. Intorno a noi ci sono interi paesaggi disegnati al computer, così come nasi, bocche, organi che provengono da questa prassi. Ad aumentare, in sostanza, non è la quantità di finzione nella realtà, ma la sua qualità, che riduce di conseguenza la nostra capacità di distinguere fra l’una e l’altra. La fotografia ha sempre avuto questa caratteristica, proponendosi come una traccia fedele della realtà, pur costituendo invece una sua interpretazione, traduzione, revisione, come qualsiasi altra forma di rappresentazione. Dal momento che l’arte costituisce uno strumento per captare e magnificare i cambiamenti che avvengono intorno a noi, è naturale che l’interesse per il funzionamento della fotografia sia cresciuto  in questo ambito e che la sua presenza sia sempre più consolidata tra gli strumenti a disposizione degli artisti.

Haris Epamininonda, Untitled-001c_g, 2007

Haris Epamininonda, Untitled-001c_g, 2007

In secondo luogo bisogna considerare la capacità di penetrazione della fotografia all’interno di altri linguaggi e dispositivi. Qualsiasi linguaggio dell’arte è permeabile e aperto alle contaminazioni. Normalmente però si tratta di una disponibilità a lasciarsi modificare da agenti esterni. La fotografia si lascia modificare, ma allo stesso tempo ha una grandissima capacità di intervenire su tutto ciò che le sta intorno. È un medium fortemente attivo. La fotografia è tutto intorno a noi, penetra nel nostro quotidiano sfruttando la porosità dei principali sistemi/dispositivi di comunicazione, informazione, propaganda e conservazione dei dati. E allo stesso modo penetra nel mondo dell’arte combinandosi ad elementi esterni, formando con le altre discipline dei legami molto stretti, somiglianti a quelli che tengono insieme gli atomi. La fotografia influenza il cinema, la pittura, la scultura, l’architettura… Sempre più. In modo subdolo. Come un virus. Ma anche in modo molto naturale. Se consideriamo lo sviluppo dell’arte in senso darwiniano, guidato dall’evoluzione naturale, allora la fotografia, grazie a questa sua caratteristica, ha molte possibilità di crescere e proliferare.

Boris Mikhailov, Luriki, 1970-80

Boris Mikhailov, Luriki, 1970-80

Sulla fotografia digitale.
L’intervento del digitale in fotografia non ha alimentato il dibattito sulla commistione tra realtà e finzione all’interno di questo linguaggio. Semplicemente lo ha risolto, evidenziando come qualsiasi fotografia costituisca una interpretazione, manipolazione e distorsione della realtà. Meglio: si è confermato una volta per tutte come il soggetto e la sua immagine siano due cose diverse e si è spostata la riflessione su altre questioni. Per esempio sulla possibilità di distinguere fra fotografia e materia, ovvero tra fotografia e oggetto. La fotografia non ha più una localizzazione. Si sposta in rete. Diventa una questione relazionale, poiché l’autore perde il controllo sul contesto di fruizione.

Luc Delahaye, US Bombing on Taliban Positions, 2001

Luc Delahaye, US Bombing on Taliban Positions, 2001

 

 

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