Sembrano ingenue

Anne Brigman è stata una delle figure più significative del movimento pittorialista americano. In generale, mi pare che vi sia oggi finalmente un’attenzione crescente per questo tipo di produzioni che, a cavallo della fine dell’Ottocento e dei primi vent’anni del Novecento, per la prima volta si occuparono del problema della fotografia come arte, proponendo alcune prime importanti risposte a tale questione. Anche se oggi quel tipo di produzione a molti pare ingenuo, contiene tuttavia lezioni importanti – che potrebbero magari costringerci a chiederci quanto ingenue ci sembreranno tra un po’ di tempo tante odierne produzioni cosiddette artistiche che approfittano a mani basse delle semplicità manipolative offerte dalla tecnologia digitale…

Anne Brigman, Soul of the Blasted Pine, 1907

Anne Brigman, Soul of the Blasted Pine, 1907

Il lavoro della Brigman è interessante e importante ancora oggi per molte ragioni. Elencarle senza sapere che si parli di una donna nata nel 1869 ce la farebbe sembrare tranquillamente una delle tante artiste oggi così attive: amica di scrittori importanti (tra i quali Jack London), produce immagini controllate e manipolate nelle quali spesso utilizza sé stessa come soggetto – il più delle volte con dei nudi immersi in potenti ambienti naturali. Oggi li definiremmo autoritratti staged, e potrei ad esempio citare il lavoro, a mio parere sopravvalutato, di Francesca Woodman, con il quale mi pare vi siano molte affinità.

Il lavoro di Anne Brigman viene riconosciuto e apprezzato dalle figure più importanti della fotografia del suo tempo (basti qui citare Stieglitz, che pubblica le sue immagini in ben tre numeri di Camera Work e che ne sostiene a più riprese il lavoro con mostre e presentazioni). Brigman vince molti premi presso le più importanti istituzioni e associazioni fotografiche anche se in qualche modo il suo lavoro si pone quasi agli estremi di quello che per il suo tempo è considerato accettabile, soprattutto da una donna, mescolando influssi simbolisti, romantici e classici, nonché influenze dettate dalla giovinezza hawaiana.

Non voglio millantare una conoscenza davvero approfondita del suo lavoro, dunque mi fermo qui, invitando più che altro a riflettere su un suo ritratto at work nel suo studio, che mi ha sempre colpito per un fatto: il suo strumento di lavoro, un visore a luce solare utilizzato per il ritocco manuale dei suoi ampi negativi con matite e carboncini, mi ricorda in modo impressionante i computer portatili che oggi tutti noi utilizziamo, appunto, per ragioni simili, sentendoci così tanto moderni e originali. Pensiamoci.

Anne Brigman in studio, ca. 1915

Anne Brigman in studio, ca. 1915

 

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